giovedì 29 marzo 2007

Ingegneri & fumetti (3 - continua)


L'ingegnere disegna, Luciano Bottaro, “Il Paese dell’Alfabeto”, n°3, (1961)


"Saper fare / Saper far fare": Silver (Guido Silvestri), “Lupo Alberto”, n°162, (1973)


I "Trattati" degli ingegneri medievali

Con Villard de Honnecourt e il suo Taccuino (1260 ca.) si iniza una importante serie di opere manoscritte che descrivono le macchine, il modo di costruirle e il loro impiego. Di Villard si è già parlato in un "post" precedente.
Essi si possono considerare come le prime opere sistematiche di una scienza che solo più tardi sarà inserita entro i confini disciplinari dell'ingegneria: trattano di macchine da guerra, macchine idrauliche, strumenti scientifici e tecnologie edilizie.




Le pietre miliari si possono identificare nelle seguenti opere:


  • Guido da Vigevano, Texaurus Regis Francie, 1340 ca.
  • Anonimo, Manoscritto della Guarra Hussita, 1430 ca.
  • Mariano di Jacopo detto il Taccola, De Ingeneis, 1433.
  • Roberto Valturio, De Re Militari, 1450 ca.
  • Francesco di Giorgio, Trattati di ingegneria civile e militare, 1480 ca.
  • Leonardo da Vinci, Codice Madrid, 1493.


Con l'avvento della stampa, i trattati avranno una più larga diffusione: tra i molti si ricordano:

  • Roberto Valturio, De Re Militari, Parigi, 1535 (edizione a stampa di un precedente Ms.)
  • Vannoccio Biringucci, De la Pirotechnia, Venezia, 1540.
  • Georgius Agricola, De Re Metallica, Basilea, 1556.


I "Teatri delle Macchine"


Nel XVI secolo la diffusione della stampa nascono nuovi generi letterari (e di comunicazione).

La "idea di teatro" si trasferisce ben presto a questo nuovo mezzo di comunicazione e il Theatrum (libro) diventa una rassegna di immagini, accompagnate da brevi commenti e didascalie, che "promuovono" verso un vasto pubblico i nuovi "saperi". Giulio Camillo scrive una "Idea di teatro" con cui teorizza sull'arte della memoria, sulle nuove tassonomie che le "nuove scienze" sollecitano agli intellettuali del Rinascimento.

A fianco del Theatrum Alchemicum, del Theatrun Anatomicum, del Theatrum Botanicum, del Theatrum Pharmaceuticum, sorge il Theatrum Machinarum. Con i Teatri di Macchine i tecnici e gli ingegneri promuovono le proprie innovazioni presso il grande pubblico, ma soprattutto cercano crediti presso i possibili committenti. La tecnica trova nuovi canali per diffondere la propria "cultura" al di fuori della ristretta cerchia degli specialisti.

Il primo a inaugurare questo "genere" è il Theatrum Instrumentorum et Machinarum di Jacques Besson (Lione, 1569); seguono quindi:




Ingegneri & fumetti (2 - continua)

I paradigmi degli ingegneri trovano spazio anche nelle striscie e nei fumetti...





Una scommessa col futuro: Scott Adams, United Feature Syndacate (2003)





W l'innovazione: "Topolino", n.2021, 23 agosto 1994



Dall'idea al progetto: "Topolino", n. 2272, 15 giugno 1999.



Dall'idea al progetto: "Topolino", n. 2339, 26 settembre 2000



domenica 25 marzo 2007

Ingegneri & fumetti (1 - continua)


L'ingegnere ha sempre esperienza diretta: "Topolino" n. 2226 (28.7.1998) p. 95







L'ingegnere lavora sempre con la consapevolezza del limite: Topolino e il ritorno del Principe delle Nebbie, "Topolino" n. 1517 (23.12.1984)





Istruzioni per l'uso: "Lupo Alberto" n.128 (febbraio 2002) , pp. 22-23

domenica 18 marzo 2007

Una sintesi

Relativamente alle due "rivoluzioni" (agricola e industriale) e ai periodi della tecnica (chiamati secondo José Ortega y Gasset: del azar, del artesano, del técnico... e quello contemporaneo che ancora resta senza "nome") si possono fare le seguenti classificazioni sintetiche:


L'architettura militare

G. Maggi e G. Castriotto, Della fortificazione della città, Venezia : appresso Rutilio Borgominiero, 1564, p. 67


"Sui trattati militari del '500 e sulle loro edizioni veneziane ha già scritto molto bene e in maniera vasta lo Hale nella Storia della cultura veneta (vol. 3/lI) edita da Pozza nel 1980, se non che il suo era uno studio molto vasto perché abbracciava tutta la tecnica militare dai compendi e dai commentarí sugli antichi autori fino alle considerazioni sul duello, sul galateo del gentiluomo armato e quindi gli era impossibile approfondire di più quella che nel '500 diventa una vera e propria arte, l'architettura delle fortificazioni. Nell'antichità Vitruvio infatti aveva considerato questa, come parte dell'architettura e così nel '400 Leon Battista Aiberti nel suo De re aedificatoria aveva abbracciato anche essa tra i campi pertinenti all'architetto umanista. E questo continua con Francesco di Giorgio Martini con l'attività e gli interessi di fra' Giocondo, continua anche nei vari commentari, nelle varie traduzioni, nei vari studi su Vitruvio che mari mano nel '500 vengono pubblicati. Ma già nel Vitruvio del Barbaro del '56 la tecnica militare viene tralasciata in quanto, il Barbaro, pensa che sia inutile che egli domini un campo che ormai è tanto cambiato dai tempi antichi, Vitruvio ormai non può più far testo in questo senso e quindi può essere soltanto di interesse archeologico, non di interesse pratico, le fortificazioni sono infatti cambiate e rimanda a un testo, che non verrà pubblicato, di Giovanni Giacomo Leonardi, ambasciatore del duca di Urbino, che è però conservato in manoscritto a Pesaro presso la biblioteca oliveriana (Ms. Olív. 220) e che è stato di recente pubblicato dallo Scalesse Quindi a metà del '500 si sente che le tecniche nuove, le tecniche delle bombarde, hanno cambiato completamente l'architettura militare e ormai essa si pone come scelta diversa a sé stante rispetto all'architettura civile. Il Serlio se ne guarderà bene dal trattarne e così il Palladio ne I quattro libri nonostante che tanto amasse studiare Polibio e Cesare, le castramentazioni e le disposizioni dei soldati lette appunto nei trattati antichi'.
Già nel 1554 in un trattato di architettura di Pietro Cataneo Senese si legge che l'architetto non può più dominare tutte le discipline che Vitruvio contemplava, non può quindi essere quell'uomo universale che Vitruvio e gli Umanisti avevano voluto. I quattro libri del Senese escono presso gli eredi di Aldo a Venezia e presentano città fortificate, ma sono città ideali del rinascimento, più interessanti dal punto di vista architettonico dell'idea ancora umanistica, totale, utopica, piuttosto che dal punto di vista militare e tecnico perché ormai di tecnica si tratta.
Nel 1564 esce a Venezia un trattato in folio di grande importanza scritto da Girolamo Castriotto da Urbino e da un letterato: Girolamo Maggi di Anghiari. Castriotto è uomo d'arme, e quindi si fa aiutare dal suo amico, viene stampato da Borgomineri in un grande infolio e per la prima volta vi si vedono dei disegni molto completi di spalti, di baluardi, di come questi devono essere costruiti. Il Castriotto è urbinate, viene dalla grande tradizione militare di questo piccolo stato che Federico di Montefeltro aveva specializzato nella tecnica della guerra, aiutato dal punto di vista tecnico da Francesco di Giorgio Martini. Da loro era nata tutta una genealogia di ingegneri militari che erano andati poi al servizio di vari stati italiani e stranieri, come Francesco Maria primo Della Rovere, generale delle truppe veneziane.
Ma proprio questo trattato è lo spunto per un altro di Galasso Alghisi da Carpi, che non si sa bene quando sia nato, ma si sa che nel 1549 era a Loreto per lavori di fortificazione del Santuario, che a Macerata intorno al 1550 aveva costruito a pianta centrale S. Maria delle Vergini e poi nel 1558 progettato la torre comunale. Ma sopratutto l'Alghisi aveva lavorato per le fortificazioni del Vaticano, Gianicolo e Trastevere sotto il pontificato di Paolo III Farnese e quindi si doveva essere trovato a stretto contatto con Michelangelo, che nei suoi disegni per le fortificazioni della repubblica fiorentina contro Carlo V tanto aveva rinnovato questa tecnica, e con Antonio da San Gallo il Giovane che assieme a Sanmicheli si poteva considerare nella seconda metà del '500 uno dei più grandi tecnici in questo campo e non solo nel campo dell'architettura. Comunque dopo questi incarichi, torna, dopo il 1560 circa a Ferrara per lavorare per Ercole II e Alfonso II d'Este. Per Alfonso II d'Este aveva progettato un grande palazzo ducale di cui resta solo una incisione del Tibaldi del 1556, forse fa dei lavori alla Certosa di Ferrara e forse partecipa alla ricostruzione del Castello Estense dopo l'incendio avvenuto in quegli anni. Pare che fosse ingegnere ducale e infatti "ingegnere ducale" si presenta all'inizio del suo trattato che viene pubblicato a Venezia nel 1570, non si sa bene da chi (il tipografo è sconosciuto) e, come dice lo Hale, è il più bel trattato di architettura e non solo di architettura militare, stampato a Venezia nel '500 sia per il grande formato in folio, sia per la qualità della carta che per quella della stampa. Il Tiraboschi poi scriveva che « niuna opera di architettura fu stampata più magnificamente di questa o si abbia riguardo alla grandezza e alla qualità della carta o alla bellezza del carattere tutto corsivo e ben incise sono ancora le aggiunte figure in rame » 3. Il frontespizio indica già perentoriamente l'importanza che questa arte ormai riveste nel concerto delle altre arti; troviamo un grande apparato architettonico fatto da ordine toscanico timpanato, ai lati vi sono quattro statue che rappresentano Architettura, Astronomía, Geometria e Aritmetica cioè le quattro basi su cui l'architettura militare si può fondare come disciplina liberale, disciplina formata sul sapere e non solo sulla pura pratica. "

Da: Vincenzo Fontana, Architettura militare, in Trattati di prospettiva, architettura militare, idraulica e altre discipline, Venezia . Neri Pozza, 1985, pp. 33 sgg.
La città fortificata e la Cittadella di Casale alla fine del XVII secolo.

sabato 17 marzo 2007

Giovanni Battista D'Embser



La nuova situazione venutasi a creare nel Ducato sabaudo dopo la vittoria sui Francesi (1706) impone una organizzazione generale delle strutture dello Stato, per avviare una "ricostruzione" organica ed efficiente. In questi piani non doveva, né di fatto lo fu, essere trascurato l'Esercito e soprattutto i suoi corpi tecnici. Nella dinamica della ricostruzione, il re Vittorio Amedeo II dirama in data 23 marzo 1726 un Regio Viglietto sulle norme di "construzione de' novi Inventarij dell'Artiglieria". L'esigenza di "far denominare propriamente e categoricamente tutte le rispettive Robbe et Utigli" dell'Artiglieria è sintomo di una nuova mentalità aperta a concetti innovativi di efficienza e funzionalità, e viene incontro alle difficoltà che si riscontravano anche solamente a livello di linguaggio e terminologia tecnica. A seguito di un nuovo Viglietto emanato da Carlo Emanuele III, in data 24 marzo 1731 si rinnova la prescrizione di eseguire un nuovo inventario delle "Robbe d'Artiglieria".


Il 18 aprile dello stesso anno il Commendator D'Embser viene "caricato di far eseguire il contenuto dei controscritti tre capi" e cioè di redigere: un "novo Vocabolario [...] sovra tutte le categorie" concernenti l'Artiglieria, una Raccolta di "dissegni, piante e profili" di ogni voce del predetto Vocabolario e una Collezione di "Modelli e Mostre" in scala di ogni categoria e roba di Artiglieria. Con rapidità incredibile, in meno di due anni vengono redatti due documenti.


Il primo è il "Dizzionario Istruttivo di tutte le Robbe appartenenti all'Artiglieria", un volume di 430 pagine fitte di descrizioni di armi, utensili ed impianti, secondo le disposizioni impartite. Mentre i primi otto titoli seguono alla lettera quelli del "Vocabolario" allegato al Viglietto del 1731, gli ultimi due sono nuovi e riguardano due impianti siti a Torino in regione Valdocco: "la Polveriera, con tutti gli Edifizij ad acqua per fabbricar la polvere [...]" e la "Fabbrica della Fucina per forgiar Canne".


Il secondo documento è invece una raccolta di "Dissegni d'ogni sorta de Cannoni et Mortari con tutte le pezze, stromenti et utigli appartenenti all'Artiglieria come anco le piante, alzate et profili di tutte le machine, edifizy, et ordegni necessary per la medema, l'anno 1732". In 245 tavole, ciascuna corredata da una dettagliata legenda, sono passati in rassegna dapprima le bocche da fuoco, quindi i carriaggi; seguono gli utensili per ciascuna specialità artigianale, sempre relativa alla produzione di beni attinenti all'Artiglieria.




Con l'opera del D'Embser, presso l'Arsenale e la Scuola di Artiglieria e Fortificazioni del Regno di Sardegna, nasce l'unificazione.


Ecco alcuni passi tratti dal Dizzionario...:


"8.8 Materiali per fonder cannoni, e mortari


[210]Più specie di metalli à ritrovato l'arte nella scavazione delle miniere, eppoi inoltrandosi sempre più nelle viscere le più recondite della terra, con gran fatiche e dispendi si ha scoperto li metalli preziosi e perfetti come l'oro e l'argento, indi con simil travaglio si ritrovarono li metalli neccessari all'uso del uomo come sono li rami, ferro stagno e piombo, e nello stesso tempo si sono anco scoperti li metalli imperfetti, li spuri, li minerali e mezzi minerali, come sono l'argento vivo, il zinco, la marchisetta, l'antimonio e consimili, quali poi dall'ingegno umano si sono resi parte medicinali coll'arte chimica, e parte con comporli assieme nelle fondite per vedere quello ne sortisse. Onde da queste composizioni n'è derivato il bronzo, l'ottone, li metalli di campana, di timpani, [p.370] ed altri simili. Ora per sapere con qual sorta di metalli si fondono li cannoni e mortari, dirò dover esser questo composto e ligato con due o tre sorte di materie, cioè rame, stagno, ed ottone, qual composizione viene dinominata "bronzo".

Il rame è la parte principale, ma come questo è di sua natura molto porroso, sarebbe difficile il riuscire le artiglierie senza camere o porrosità molto dannose alle medesime, perciò è neccessario ligare il rame col stagno e d'ottone, per rendere il metallo più compresso, e secondo la bontà del soddetto rame deve darsi una parte proporzionata di stagno. Se il rame è in rosetta [210G] e ben purgato, e grasso si puol dare 8 sino a 9 per % di stagno. Al rame poi detto in lastra [210H] è suffiziente 5 per % potendosi peraltro aggiongere sempre 8 per % d'ottone dolce [210I], mentre questo rende il bronzo più fluido e men porroso potendosi nel bisogno col solo ottone fondere artiglierie. Stanteché questo è una composizione di rame e callamina, quale gli dà solo il colore, e lo rende men porroso e più fluido. Lo stagno che si adopra nelle fondite dev'esser del più fino, come quello d'Inghilterra detto "in verga" [210K]. La diversità de' nomi co' quali vengono chiamati li metalli che si trovano ne' Regi Magazeni sono qui appresso col loro nome proprio descritti.

1.8.10 Mortaretto, osii stromento perpendicolare per polveri [33M]

Riconosciuta la fallacia nelle prove delle polveri fatte co' sovradescritti mortari, si è ritrovato altro stromento per provare le medesime con maggiore sicurezza e senza esser obbligati piantar piatteforme espressamente per servirsi di detti mortari e venire con maggior faciltà e prestezza al conoscimento delle polveri. Vien questo formato con un piedestallo quadrato, sovra il quale si mette, fermato con quattro viti, un mortaretto [33M] di capacità di due in tre ottavi di polvere e non più ne' quattro angoli di detto piedestallo. S'ellevano perpendicolarmente quattro barre di ferro quadrate, ben limate e pullite, e con un altro quadrato pure di metallo, a guisa di capitello, vengono superiormente fermate. Qual quadrato dev'esser parallelo all'orizonte del detto piedestallo, e le suddette barre devono pure conservarsi sempre ben perpendicolari.
Evvi nel mezzo di detto stromento un'altra barra più picola, pure di ferro, divisa in tante parti uguali, dentate, come si desidera, quali "gradi" chiamansi; [p.36] al fondo della quale vien attaccato un altro quadrato pure di metallo, ed è neccessario che questa barra resti sempre perpendicolare come le altre, come pure il quadrato parallelo al piedestallo; qual barra viene cossì sostenuta da quattro pezze di ferro co' suoi ressorti, attaccate alla parte superiore del soddetto capitello; altresì vien tenuta in regola dallo stesso quadrato che v'è in fondo, coll'apoggio che fa colle quattro barre grosse. Caricato addonque detto mortaretto con due o tre ottavi di polvere, si lascia cadere sopra il medesimo quel quadrato di metallo ch'è in fondo alla picola barra di mezzo, e dando fuoco s'alza la medesima, e nel tempo che ha giustamente finita l'ellevazione, vien dalle soddette pezze di ferro ne' denti arrestata a quel grado, che la polvere ne ha data l'ellevazione, sicché dalla maggior o minor ellevazione se ne conoscerà la forza e bontà della polvere.



8.8.1 Metalli composti


[210A]Sotto questo nome sono compresi li cannoni e mortari resisi fuori di servizio, come pure le massellotte, canali, cizaglie, granaglie, limaglie e pani di metallo, quali metalli ànno già servito in altre fondite, e perciò sono composti colle loro proporzionate dosi di materie che devono esser assieme collegate

...


1.13 Polvere d'ogni sorta


[47]La polvere è una parte più essenziale dell'artiglieria, colla quale si fanno gioccare li cannoni, si gettano le bombe da' mortari, s'aprono con pettardi le porte e barriere, si fanno saltar in aria torri, bastioni e ponti; colle mine si caricano le bombe e granate, si costruono tutte sorte di fuochi artifiziali; e finalmente con questa si diffendono le strade coperte negl'assedi, le ridotte e le breccie; ed anco nelle battaglie dal continuato fuocco che con fuccili viene vigorosamente fatto dall'infanteria dipende per la maggior parte o la vittoria o la sconfitta. Questa vien composta di tre soli misti, cioè salnitro, solfaro e carbone. Di differente sorte e diverse maniere si fabbricano le polveri, cioè con salnitro raffinato in grana, salnitro detto in farina, e salnitro in rocca, il quale è sempre l'anima delle medesime e dalla quantità del quale viene distinta la specie e forza che deve avere, come meglio nella cattegoria della polverera [211] verrà spiegato, coll'origine di tal tremenda invenzione.



1.13.1 Polvere da cannone


Pel passato si costruevano queste polveri di quatro parti di salnitro, [p.47] una di solfo ed una di carbone, e veniva dinominata polvere di quattro asso, ed anco di 5 asso; la grana era più grossa di quella da moschetto. Presentemente vengono d'ordine regio fabbricate le polveri da cannone e da moschetto di bontà da 6 asso, di grana mediocre et uniforme con salnitro raffinato in grana, e sono dinominate ambe le sorte "polvere da guerra".



1.13.2 Polvere da moschetto


Le polveri da moschetto venivano pel passato anco fabbricate di cinque asso, con salnitro di seconda cotta reso in pane, e di grana più sottile che quella da cannone; era però questa battuta alquant'ore di più dell'altra, ed alla prova che si faceva col mortaro [27] e globbo di metallo [46E], doveva andare alla portata di 65 in 70 tese di lontananza, ove pel contrario quella da cannone, benché fosse della stessa dose, era suffiziente la portata di 45 in 50 tese, e presentemente viene di 6 asso costrutta, come s'è detto.



1.13.3 Polvere fina per mortari, pettardi e granate


[47A]La polvere fina vien chiamata non solo per aver la grana più sottile, ma perché dev'esser di salnitro diligentemente raffinato a terza cotta, della dose di 6 asso, et alle volte di più, con carboni puramente di nocciola, e battuta per lo meno ore 36, per servirsene come vien intitolata.



1.13.4 Polvere da guerra nuova, fatta ad ecconomia di 6 asso


[47B]Questa è la polvere che presentemente si fabbrica secondo gl'Ordini Regi da 6 asso et asso con salnitro raffinato in grana, qual viene dinominata polvere da guerra. Deve servire tanto pei cannoni, che per l'infanteria, et è d'una grana mediocre, né troppo sottile, né troppo grossa.[p.48]



1.13.5 Polvere da mettersi al sole, per aver sofferto


Ritrovandosi ne' magazeni alquanto umidi qualche quantità di baralli di polvere che abbia per l'umidità sofferto, questi si possono riccomodare con mettersi le polveri al sole ed asciugarle; quali polveri devono però le prime esser consonte nelle occasioni delle salve che annualmente si fanno.



1.13.6 Polvere guasta da riffarsi


Quando poi si ritrovassero ne' magazeni baralli in cui le polveri fossero bagnate, e che il salnitro sfiorisse dalle medesime, in tal caso non è suffiziente il porle al sole per rasciugarle, ma bensì inviarle alla polverera per totalmente riffarle, coll'aggionta di qualche porzione di nitro, facendosi avanti la dovuta prova colla filtrazione per separare il nitro dagl'altri due misti, e sapere con questa la quantità neccessaria di salnitro che si deve aggiongere per poi riffarle, rimettendole sotto le piste [212;213;214] a nuova operazione.



1.13.7 Polverasso proveniente dalle polveri


Dalle distribuzioni e pesi che sogliono farsi ne' magazeni restavi sempre qualche quantità di polverasso, quale poi o per le salve solite farsi con cannoni, o pel travaglio de' minatori pei botteroni devono distribuirsi per servirsene d'ammorza, acciò venghi con ecconomia impiegato a qualche servizio.



G.B. D'Embser, Dizzionario istruttivo di tutte le Robbe appartenenti
all'Artiglieria
..., 1732, Biblioteca della Scuola d'applicazione, Torino,
Sez. 14, n. 499, SL 5

G.B. D'Embser, Dissegni e piante e profili di ogni voce del predetto
vocabolario...
, 1732, Biblioteca della Scuola d'applicazione, Torino, Sez.
14, n. 499, VE 5

L'ingegnere militare


Da sempre l'arte militare ha sollecitato innovazioni tecnologiche: ingegneri militari sono presenti nell'esercito di Giulio Cesare e opere di ingegneria militare, dai ponti di barche, alle catapulte, alle testuggini, alle torri di assedio si possono ammirare nei bassorilievi della Colonna Traiana.
Nel Medioevo la tecnologia militare si affinò e tra i più importanti trattati ricordiamo il manoscritto della Guerra Hussita, il Texaurus Regis Francie di Guido da Vigevano (1335 ca.) i trattati di Francesco di Giorgio (1450 ca.).
L'avvento delle armi da fuoco e in particolare dell'artiglieria da campagna mutarono repentinamente la struttura delle fortificazioni e delle opere di difesa. In questo campo uno dei più famosi ingegneri militari, che rivoluzionò nella seconda metà del XVII secolo le fortificazioni fu il Marchese di Vauban.

In Piemonte, importanti ingegneri militari furono Ascanio Vittozzi (1539-1615), Antonio Bertola (1647-1719), Giovanni Battista d'Embser (Dissegni d'ogni sorta de' cannoni... 1732) , Alessandro Vittorio Papacino d'Antoni (1714-1786), Spirito Benedetto Nicolis di Robilant, fino a Giovanni Cavalli, inventore della rigatura interna delle canne dei cannoni.

Tra gli indirizzi Web in cui si parla di ingegneria militare:
http://www.architetturamilitarepiemonte.it/html/libroantico.html (libri)
http://www.comune.torino.it/musei/civici/pietromicca/Mappa/Bibliografia/bibliografia.html (intorno all'assedio di Torino del 1706)
http://www.bncf.firenze.sbn.it/notizie/Fortezze/Indici.htm (trattati di architettura e ingegneria militare conservati nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze)

mercoledì 14 marzo 2007

Filippo Brunelleschi


Arnolfo di Cambio aveva costruito il Duomo di Firenze, ma non era riuscito, viste le dimensioni, a costruire la cupola.

Filippo Brunelleschi (Firenze 1377 - 1446) , quando vinse (in competizione con Lorenzo Ghiberti) l'incarico di costruire la cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze dovette affrontare subito il problema di come costruirla senza far uso della centina. Era già noto il sistema della "spinapesce" per costruire cupole (polisferiche) ma questo era applicabile soltanto a piccole strutture perché la sfericità della cupola e l'esatta sua simmetria doveva essere controllata direttamente, in loco, facendo uso di canne e di altri strumenti. Il metodo però consentiva di costruire la cupola, dall'esterno: i mattono disposti in varie file ricevevano stabilità dalla presenza dei mattoni posti "di coltello" e quindi sisposti in modo che gli altri (messi di piatto) non




Brunelleschi conscio dell'importanza della "misura" e dei suoi "strumenti" e che il ruolo dell'architetto (tecnico) fosse quesllo di "saper far fare", ideò un metodo per verificare l'esattezza della posizione dei mattoni che dovevano risultare "in proiezione" verticale disposti lungo curve predeteriminata. Ciò evitava che la cupola sorgesse sghemba.


La verifica del progetto, in corso d'opera, faceva ricorso a uno strumento perfezionato dallo stesso Brunelleschi: il gualandrino, uno strumento capace di misurare e verificare la posizione delle vele della cupola, e quindi anche l'esattezza della disposizione dei mattoni.







Villard de Honnecourt




Nel Taccuino (1260 ca.) di Villard de Honnecourt, la geometria e il disegno sono alla base del sapere tecnico: così l'architetto costruttore di cattedrali gotiche incomincia il proprio "manuale"



"Villard de Honnecourt vi saluta e prega tutti coloro che lavoreranno sulle macchine di questo libro, di pregare per la sua anima e di ricordarsi di lui, poiche' in questo libro si possono trovare buoni consigli sulla grande arte delle costruzioni e sulle macchine di carpenteria; e troverete in esso l'arte del disegnare, i fondamenti, cosi' come li richiede ed insegna la disciplina della geometria ."



Il Taccuino costituisce un primo vero manuale di ingegneria civile: Villard si rende conto che il tecnico deve poter trasferire il proprio sapere non più solo per diretta esperienza, ma soprattutto codificando le procedure.

Il disegno emerge prorompente come nuovo linguaggio delle tecniche e perde il ruolo meramente estetico a commento di una cultura fatta solo di parole. Le parole sono didascalie. I disegni rappresentano figure umane ed animali; spesso si può assistere alla loro metamorfosi negli elementi strutturali di un edificio, di un campanile, di un rosone, di una colonna. La geometria diviene linguaggio e strumento unificante di forme; alla geometria si affianca l'arte del misurare e del riprodurre, e quindi del costruire. la tecnica è fatta di strumenti, di utensili, di accessori. Nelle pagine del taccuino si scoprono le procedure per misurare il diametro di una colonna inserita in un muro, quelle necessarie per calcolare l'altezza di una torre, per tracciare un arco, per tagliarne i conci, per armare un ponte. Si ha piena coscienza del valore progettuale della planimetria di una cattedrale, nello studio dell'incrocio delle volte. Emerge il gusto della modularità geometrica delle piastrellature, che richiamano gli azulejos arabi e che verranno più tardi riprese da Leonardo da Vinci. Si scopre la funzione dei pinnacoli e degli archi ramnpanti nella cattedrali gotiche. Tutto attraverso il linguaggio dei segni: l'essenziale linguaggio delle tecniche.


Il gotico è un "modus novus", un costruire "modernus" dove una conoscenza profonda della struttura permette di alleggelirla, lasciando in esercizio le sole "linee di forza. Ne risulta all'interno uno spazio "verticale" la cui solidità è assicurato dall'apparato di archi rampanti e guglie (che ne consolidano il "piede"), ma che non sono visivili dall'interno della gigantesca navata.

http://classes.bnf.fr/villard/feuillet/index.htm

http://classes.bnf.fr/villard









domenica 4 marzo 2007

Marco Vitruvio Pollione




Marco Vitruvio Pollione fu un architetto e ingegnere che visse nel I secolo a.C., contemporaneo di Cesare e Cicerone. E' famoso per il suo trattato De Architectura che fu composto fra il 27 e il 23 a.C. Il testo di cui noi disponiamo è frutto probabilmente di numerose elaborazioni e integrazioni avvenute durante le trascrizioni medievali: citato da Frontino e da molti altri non ci è pervenuto nell'originale ma in una serie di manoscritti datati fra il lX e la fine del Xlll secolo. Il De Architectura, a partire dal Cinquecento fu oggetto di numerose traduzioni ed edizioni a stampa, una delle prime, a cura di Cesare Cesariano (1521), e la più famosa di Daniele Barbaro, che lo integrò di numerosi suoi commenti e lo arricchi di illustrazioni (Venezia 1567). Una moderna traduzione è stata pubblicata dall'Editore Studio Tesi di Pordenone.






Il trattato è diviso in dieci libri che contengono il sapere necessario alla professione dell'ingegnere/architetto e che costituiscono in sintesi una summa delle discipline tecniche:




Libro 1: Introduzione all'Architettura. La scelta dei luoghi. Gli elementi della Geometria.

Libro 2: La Storia e la Filosofia del costruire. Gli elementi del costruire: mattoni, pietre, sabbia, calce, pozzolana. i legnami. La costruzione dei muri.

Libro 3: Gli ordini architettonici e i canoni del costruire. Le fondazioni e le colonne.

Libro 4: I templi.

Libro 5: Gli edifici pubblici: il foro, i teatri, la basilica. Elementi di Armonia musicale. Acustica architettonica.

Libro 6: Geografia ambientale. Le misure degli edifici.

Libro 7: I terrazzi, i muri, gli intonaci. Tecnica e preparazione dei colori.

Libro 8: l'Idraulica: reperimento delle risorse e conduzione delle acque.

Libro 9: La misura del territorio. Nozioni di Geometria. La misura del tempo e nozioni di Astronomia

Libro 10: La macchina. Le macchine da cantiere. Le macchine idrauliche. Le macchine da guerra. L'organo musicale.




I romanzi dell'ingegneria e degli ingegneri

Alcuni titoli, per incominciare (tra parentesi le case editrici presso cui oggi sono reperibili i libri; in alcuni casi esistono anche e_book)):

Carlo Emilio Gadda, Meditazione milanese (Garzanti)
Carlo Emilio Gadda, La meccanica (Garzanti)
William Gibson e Bruce Sterling, La macchina della realtà (Mondadori)
Giuseppe O. Longo, L'acrobata (Einaudi)
Robert Pirsig, Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta (Adelphi)
Thomas Pynchon, Mason & Dixon (Rizzoli)
Thomas Pynchon, L'incanto del lotto 49 (e/o)
Emilio Salgari, La crociera della Tuonante (www.liberliber.it/biblioteca/s/salgari/index.htm)
Jules Verne, Intorno alla Luna (Mondadori, in francese: www.gutenberg.org/etext/4717)

Una mappa concettuale

Prima di incominciare un ragionamento è sempre opportuno fare ordine nelle idee e nelle relazioni che le legano. La mappa concettuale è un grafo in cui i concetti sono rappresentati dai nodi e i rami invece stanno a indicare le relazioni funzionali, di appartenenza, o altro, che li connettono.



E' buona norma pratica impostare una mappa concettuale con un grafo avente sette (7) nodi, con un massimo di 10. Già con sette nodi le relazioni possibili sono 21! Grafi troppo complessi sono difficili da gestire.

mercoledì 28 febbraio 2007

La tecnica / la tecnologia

Tecnica

Ensemble des procédés méthodiques fondés sur des connaissances scientifiques employés à la producion. (Robert 1990)

Tecnologia

Scienza delle tecniche (Abbé Prévost 1755)

Disciplina che versa sulla immediata applicazione delle scienze fisiche, chimiche e matematiche alle arti e ai mestieri sì che gli artefici delle opere loro non si facciano contro i veri principii scientifici (Tramater 1834)

The ensemble of practices by which one uses available resources in order to achieve certain valued ends. (Jacques Ellul, 1954)

The science which deals with industrial arts (Oxford 1956)

A discourse or treatise on art or arts [1859]. The scientific study of the practical or industrial arts. (Onions 1959)

The science or study of the practical or industrial arts. (Webster 1979)

1. Wissenschaften ven den Produktionstechnik.
2. gesamtheit der Kentnisse, Fähigkeiten und Möglichkeiten auf dem gebiet der Produktionstechnik. (Duden 1982)

Studio dei procedimenti e delle attrezzature necessarie per la trasformazione di una materia prima in un prodotto industriale. (Zingarelli 1983)

1. Lehre von der Entwicklung der Technik in ihren gesellschaftlichen Zusam-menhängen. 2. Lehre und Anwendung der technischen Produktionsverfahren. (Brockhaus 1984)

1. The application of practical or mechanical sciences to industry or commerce. 2. The methods, theory, and practices governing such applications. 3. The total knowledge and skills available to any human society. (Collins 1989)

Théorie générale et études specifiques (outils, machines, procédés) des techniques. (Robert 1990)

The activity or study of using scientific knowledge for practical purposes in industry, farming, medicine, business, etc. (Cobuild 1990)

Chi era (è) l'ingegnere? Che cose è l'ingegneria?

Ingegnere:

Constructeur d'engins, de machines [1559]. (Aymot)

Ingegnoso trovator d'ingegni o di macchine e più spesso chi fa la professione di trovar ingegni e macchine; e nelle milizie chi professa la scienza di fortificare, attaccare e difendere le piazze, e quella della castramentazione degli eserciti, e che ha la scienza e l'arte di descrivere i luoghi particolari o de' paesi o de' regni. (Tramater 1834)

A person who studies, plans and builds machines, ships, docks, roads, bridges, forts, etc., as a civil (mining, electrical, military, sanitary, etc.) engineer. (Oxford 1956)

One who contrives, designs, or invents; an inventor [1702]. One who designs and constructs militarry engines or works (C.T. Onions (Ed.), The Shorter Oxford English Dictionary on Historical Terms, Oxford . Oxford University Press, 1959)

Chi anticamente inventava e costruiva ogni sorta di congegni, strumenti e macchine (in particolare da guerra e idrauliche) o chi si dedicava alla progettazione e alla costruzione di edifici o di opere in muratura in genere. Nei tempi moderni, circa dalla metà del XVIII secolo, chi avendo frequentato una scuola di ingegneria o, in seguito, una facoltà universitaria di ingegneria o un politecnico (che conferiscono una laurea e l'abilitazione all'esercizio della professione) progetta, organizza e dirige la costruzione, l'installazione, la riparazione, la manutenzione di strutture, equipaggiamenti, macchinari, oppure l'estrazione dalla loro sede naturale di sostanze solide, liquide o gassose come combustibili, minerali metalliferi, pietre da costruzione, ecc. (Battaglia 1972)

One educated, skilled or occupied in any of the various branches of engineering. (Webster 1979)

Auf einer Hoch- Fachhochschule ausgebildeter Techniker (Duden 1982)

Chi, conseguita la laurea e la abilitazione professionale, si occupa della progettazione e dirige la realizzazione di opere edilizie, stradali, meccaniche, navali, aeronautiche, industriali e simili. (Zingarelli 1983)

Techniker mit Ausbildung an einer Fachhochschule (Brockhaus 1984)

1. A person trained in any branch of engineering. 2. The originator or manager of a situation, system, etc. (Collins 1989)

Personne qui a reçu une formation scientifique et technique la rendant apte à diriger certains travaux, à participer à des recherches. (Robert 1990)

A skilled person who uses scientific knowledge to design and construct machinery, engines, electrical devices, or roads and bridges.(Cobuild 1990)

Ingegneria

L'arte dell'ingegnere. Manifattura o invenzione dell'ingegnere. (Tramater 1834)

The science of building and controlling machines, ships, roads, etc. (Oxford 1956)

The work done by , or the profession of, an engineer [1702]. To construct or manage as an engineer [1843]. (Onions 1959)

The planning, designing, construction, or management of machinery, roads, bridges, buildings, fortifications, waterways, etc.; science, profession, or work of an engineer. (Webster 1979)

The art of applying science to optimum conversion of the resources of nature to benefit man. (Britannica 1982)

Scienza dell'ingegnere (Zingarelli 1983)

The profession of applying scientific principles to de design, construction and maintenance of engines, cars, machines, etc. (Collins 1989)

Etude globale d'un project industriel sous tous ses aspects (techniques, économiques, financiers, sociaux), coordonnant les études particulières de plusieurs équipes de specialistes. (Robert 1990)

In tedesco non esiste un unico sostantivo per definire l'ingegneria. Esistono: Bauwesen (arte delle costruzioni civili), Mascinenbau (costruzione di macchine); il termine Ingenieurwesen è poco usato, e il Duden Bedeutungswörterbuch non lo cita.

I nomi dell'ingegnere

Ingeniarius (latino = colui che fa uso di ingenia)

ingegnere (italiano)
engigneor (francese antico)
ingénieur (francese)
ingeniero (spagnolo)
engenheiro (portoghese)
inginer (rumeno)
engyneour (inglese mediev.)
engineer (inglese)
Ingenieur (tedesco)
ingenieur (dano-norvegese)
ingenieur (olandese)
inzenjer (serbo-croato
inzenyr (ceco)
inzynier (polacco)
инженер (russo)

μηχανικός (greco)

mühendìs (turco)
mouhandis (arabo)
mehandess (ebraico)

gishi (giapponese)

giovedì 22 febbraio 2007

La storia, la scienza, l'ingegneria

La storia è innanzitutto racconto, narrazione. Se la serie di eventi si riduce a un semplice elenco sequenziale allora si ha semplice cronologia.


La storia è consapevolezza del proprio "stato". Ogni sistema dinamico ad ogni istante dipende dalle cause che agiscono su di esso, ma anche dalla memoria del suo passato. Se assumiamo l'approccio cognitivo dei matematici sistemisti, la dinamica di un sistema è retta da equazioni differenziali da cui dipendono gli effetti (Y(t)): le cause sono le "condizioni al contorno" (X(t)) e la memoria del passato si cela in quelle che si chiamano le "condizioni iniziali". Senza conoscere queste ultime non si riesce a risolvere nessun problema.




La scienza è una struttura di conoscenze organizzate per la rappresentazione e la interpretazione della realtà.

La Storia assume il carattere di disciplina rigorosa quando fonda le sue narrazioni su fatti documentati.
I documenti sono scritture inserite in un contesto spaziotemporale.
Le scritture sono segni, tracciati su un supporto materiale, i quali recano un messaggio.


L'ingegneria è progetto. Quando l'ingegneria codifica i suoi saperi all'interno di una struttura organizzata allora diventa scienza.
Progetto è parola che deriva dal latino proicio (= getto in avanti): l'ingegneria è sempre una scommessa nel futuro perché ogni progetto scommette sull'efficienza di un sistema di cui "prevede" come si comporterà. Per questo motivo presso gli antichi ingegneria e divinazione erano pratiche assai legate tra di loro. Tra gli Assiri i metallurgisti erano anche i sommi sacerdoti (M. Eliade, Arti del metallo e alchimia, Torino : Bollati Boringhieri, 1980) e nell'antica Roma il pontifex maximus (il capo degli aruspici, i sacerdoti divinatori a cui era affidato il compito di predire il futuro) era anche il capo dei lavori pubblici, da cui dipendeva naturalmente anche la costruzione dei ponti. Infatti "pontifex" (pontem + facio) è colui che progetta e costruisce i ponti.

Prima della partenza

Queste brevi note sono rivolte a chi vorrà seguire questa avventura condotta a fianco del Corso che tengo al Politecnico di Torino. Le brevi pagine degli appunti delle lezioni e degli interventi possono servire per avere costantemente a disposizione il "diario di bordo". Così, anche chi fosse impossibilitato a seguire tutte le lezioni, potrà almeno avere un "riassunto delle puntate precedenti". I riferimenti sia bibliografici, sia webografici non sono esclusivi, ma aprono nuove strade nell'intricato sistema della storia.

La struttura di ogni pagina seguirà la logica degli aforismi: la concisione, come si addice a ogni "log book", aiuta a essenzializzare i concetti, ma non bisogna dimenticare che la storia è narrazione e quindi ogni riduzione schematica, fine a se stessa non può essere ritenuta accettabile, se non a livello strumentale.

Ogni pagina del "diario", pur facendo riferimento a una "lezione" tratta di un tema specifico, che è riportato nel titolo. Alcune "etichette" (ovvero "parole chiave") reperibili a margine facilitano il reperimento dei temi più importanti.

Bibliografia essenziale:
  • Vittorio Marchis, Storia delle macchine, Roma-Bari : Laterza, 2005
  • Vittorio Marchis e Filippo Nieddu, Materiali per una storia delle tecniche, Torino : Celid, 2004